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martedì 30 aprile 2013

L'UNICA INTERVISTA MAI RILASCIATA DA JO LANCASTER RENO



Domenico Nigro e Gianfranco Nerozzi hanno incontrato il creatore della serie spy-story HIDRA CRISIS

L’unica intervista mai rilasciata da Jo Lancaster Reno Penso di aver capito che non si trattava di uno scherzo solo quando, all’ingresso dell’albergo svizzero dove si sarebbe tenuto il party, ho trovato ad attendermi Gianfranco Nerozzi, traduttore ufficiale italiano del misterioso scrittore, “papà” dell’Agente Nemo.
Ho ancora ben impressa nella mente la telefonata che il Nero mi aveva fatto solo tre giorni prima: “Ciao Dom, sono Gianfranco. Tra qualche giorno Jo Lancaster Reno tiene un party privato a Montreaux, per festeggiare l’uscita di Lo Spettro Corre Nell’Acqua, il nuovo capitolo della serie Mondadori – Segretissimo Hydra Crisis. La sua agente non sarà presente, per cui ho pensato che forse ti avrebbe fatto piacere intrufolarti alla festa e intervistarlo. Saresti il primo al mondo a farlo, e comunque gli ho già parlato di te e si è mostrato molto disponibile...”
Sono rimasto inebetito per buona parte della giornata, ma due giorni dopo, riempito al volo il mio borsone da viaggio, mi sono infilato in macchina e sono partito per la Svizzera.
L’albergo (di cui non menziono il nome per precisa volontà dell’autore) si trova nei paraggi del Casinò di Montreaux, proprio quello semi-distrutto, negli anni ’70 del secolo scorso, da quell’incendio a cui i Deep Purple si ispirarono per la celeberrima Smoke on the water.
Arrivo trafelato con due ore di ritardo e per fortuna trovo un posticino dove parcheggiare. Nerozzi è incazzato nero! “Il party è iniziato da un pezzo! Dove diavolo eri finito?”
Balbetto qualche scusa mentre ci avviamo nel salone principale. C’è un sacco di gente importante, scrittori di fama mondiale. Riconosco subito, tra gli altri, Clive Cussler, Stephen Gunn e Alan D. Altieri. E anche il regista Ridley Scott e il mitico vocalist Ian Gillan. E poi le donne! Da infarto! Mai viste tante gnocche tutte insieme, in vita mia... Mi piacerebbe approfittare e conoscere tutti, ma il Nero mi dice che non c’è tempo, che Reno mi sta aspettando nella sua camera e mi affida subito a un ‘gorilla’ di colore con le treccine rasta e totalmente abbigliato in nero.
Senza dire una parola, questi mi spinge in un ascensore. Mi giro un’ultima volta indietro ma il Nero è sparito, fagocitato dalla folla festante, alticcia e sovreccitata.
Giunti al quarto piano del lussuosissimo albergo, il bestione nero mi indirizza con decisione verso la stanza contrassegnata da una targhetta in ottone recante il numero 24. Busso alla porta. Nessuna risposta. Dall’interno provengono risatine femminili. Il gorilla apre la porta con decisione e un intenso profumo di sandalo ed ebano investe le mie narici.
Lo scrittore è seduto sul letto e indossa una vestaglia di raso celeste. Ha i capelli lunghi e una barba piuttosto lunga gli ricopre il volto. Io me lo immaginavo un tipo alla Marc Ange, invece sembra un santone. Anche se dalla vestaglia leggermente aperta si intravedono addominali ben definiti, da atleta. Sul letto, accovacciate di fianco a lui, ci sono due creole mezze nude, stupende, una gli sta massaggiando il collo e l’altra gli sta porgendo un bicchiere pieno di un liquore denso e rossastro, un Bloody Mary, intuisco.
Vedendomi entrare, Reno sorride. “Monsieur Dom? Si accomodi prego.” mi dice in italiano, con un marcato accento parigino. “Vuole bere qualcosa?”
Io mi sento lo stomaco stretto in una morsa. Sono emozionatissimo e non ho voglia di nulla. Biascico un “no grazie”. Poi aggiungo, quasi in un sussurro: “Sono spiacente di aver disturbato il suo...emh...relax. Cercherò di rubarle meno tempo possibile.”
Lui sorride ancora. “Nessuno problema”. Poi batte con la mano aperta sul bordo del letto. Alla sua destra. “Venga, sieda qui, accanto a me.”
Io mi avvicino sentendomi imbarazzato per quella strana situazione.
Le creole mi guardano e lanciano una risatina. Reno dice loro di farsi da parte e da un bacio fuggevole sulla mano di quella che lo stava massaggiando sul collo. Poi si rivolge di nuovo a me, senza smettere di sorridere. C’è qualcosa di famigliare nel suo volto. Quel poco di lineamenti che emergono dalla barbona che gli ricopre le guance e il mento, mi ricordano qualcuno, ma non riesco a focalizzare bene chi. Gli porgo la mano. Lui me la stringe, e si avverte della forza sotto. Calli nelle dita, dure. Non ha una mano da scrittore.
Smetto di fissarlo e mi siedo sul bordo del letto. Stringo il mio registratorino da intervista e spingo il tasto rosso.
Reno sta dicendo “Possiamo cominciare quando vuole mon amì.”

E io mi schiarisco la voce e parto con la prima domanda.
Lei è un personaggio misteriosissimo. Si sono dette tante cose sul suo conto: che colleziona auto sportive e armi. Che vive a Parigi in un’antica e lussuosa villa. Che sia stato lei stesso un’agente segreto. Che abbia fatto servizio nella Legione Straniera. Che sia un mercenario, un “soldier of fortune”. E anche un rubacuori e un ‘cacciatore di doti’. Vogliamo fare un pò di luce sul suo conto?
C’è qualcosa di vero e qualcosa di falso, come sempre in questi casi. Sai come succede. Da una notizia, la gente ne ricava altre, ingigantisce le cose e le romanza. Fa parte della natura umana… Io sono misterioso perché mi piace esserlo. Non solo per scelta commerciale d’immagine. Mi piacciono le identità segrete. Mi hanno sempre affascinato. Da piccolo leggevo molto i fumetti dei supereroi. Quindi se io adesso rivelassi queste parti della mia vita, contraddirei al codice del cavaliere. Quindi non ti confermo nulla in un senso e nell’altro. Forse anche adesso, davanti a te, sto indossando una maschera. Magari porto una barba posticcia. Ti dico solo che nel mio passato c’è stato qualcosa che adesso mi costringe all’anonimato. Niente di terribile e di non superato. Ma diciamo che mi serve continuare a restare nell’ombra ancora per un poco.

Come è nata l’idea per la serie ‘Hydra Crisis’?
I primi romanzi che ho letto in vita mia sono stati quelli di Jan Fleming. Ne possiedo una collezione con almeno una decina di edizioni provenenti da nazionalità differenti. Su quelle storie ho sognato di mondi lontani e di avventure mozza fiato. In una prima parte della mia vita ho cercato di viverle sul serio quelle situazioni. Poi ho preso strade più tranquille e ho pensato solo di scriverle. Era meno pericoloso. I secondi libri che ho amato sono stati quelli di Stephen King, che non c’entrano nulla con lo spionaggio. Ma sono molto coinvolgenti sul piano della narrazione, introspettivi, viscerali. Da qui la voglia di inventare qualcosa che fosse una mezza via fra i due generi, l’horror e la spy story. Poi sono un fan sfegatato di John Woo, le sue scene di azione sono insuperabili e poetiche e mi piaceva l’idea di mescolare queste pulsioni creative per crearne una sola che fosse solo mia. Da qui la scelta dello stile di narrazione e il tipo di trame da affrontare.
L’idea di base, quella dell’Hydra in particolare, cioè del mostro vero e proprio che sta alla base di tutto, metaforico e presente come se fosse vero, mi è venuta sfogliando un libro sui miti dell’antica Grecia e vedendo una raffigurazione di Ercole che uccide il mostro delle tante teste. Subito ho capito che quello sarebbe stato perfetto. Una testa tagli e altre se ne formano, troppo efficace e terribile, il simbolo di un certo tipo di potere che tutto ingloba e distrugge e rinasce da sé stesso ogni volta più forte.

Infatti le sue spy-story sono sempre alquanto anomale, in quanto a contenuti. Nei suoi romanzi c’è sempre tanto sangue, crudeltà ed efferatezze, mostruosità ai confini con l’horror puro e sesso esplicito. Perché una scelta di campo così… estrema?
Mi piace vivere al confine delle cose, solo per poter andare al di là. Quindi faccio così anche con la scrittura. Entrare dentro in modo viscerale alle cose che faccio e cercare di estrarre la maggiore intensità: voglio emozionare a tutti i livelli, profondamente, senza pormi freni o inibizioni. E non a caso ho scelto Gianfranco Nerozzi come mio traduttore italiano. Siamo molto in sintonia io e lui. E amiamo le stesse cose, coltiviamo le stesse passioni.

A proposito di passioni, le donne, dai suoi romanzi, non escono quasi mai bene. Prendiamo a esempio le donne presenti in quest’ultimo ‘Lo Spettro Corre Sull’Acqua’: Jamaka sembra quasi un oggetto sessuale nelle mani dell’Agente Nemo; l’agente del Diesis Sonia “Sonny” Palmer, personaggio dalle interessanti e ambigue peculiarità, muore orribilmente sbranata da uno squalo mutante proprio nel momento in cui stava diventando...emh...sessualmente più interessante per il lettore; Marc Ange ha un rocambolesco rapporto sessuale su un natante abissale con la straordinaria, bellissima Sirène e dopo il coito...non riesce neanche a sorriderle, se non con una smorfia, quasi di disgusto. Ma lei le donne le ama o le odia?
Le amo. Profondamente. Sono per me quasi un oggetto di culto. La femminilità è armonia, equilibrio estetico. Certe bellezze arrivano persino a commuovermi. Mi fanno stare male. Io sono innamorato di tutte le mie donne. Un poco come Marc. Lui se ne fa tante. Ma tutte le volte si innamora di quella sbagliata. In lui c’è una sorta di desiderio recondito di redenzione. Lui vorrebbe liberarle, renderle diverse. Ma poi non ci riesce. E allora le uccide. Jamaka è la sua ancora di salvezza. Da lei torna sempre. Marc è un inguaribile misogino, un poco come me. Ma uno di quelli che potrebbero morire per una donna, per salvarla. Una sorta di moderno cavaliere che mette in gioco spada e mantello. Ma poi alla fine: scopa come un matto. Dire che le donne dei miei libri non ne escono bene, mi pare non esatto. Nei miei libri non ne esce bene nessuno. Sono tutti esseri perduti in partenza che lottano contro le loro impossibilità.

‘Colombo viaggiatore’, misterioso hacker, geniale collaboratore di Marc Ange, agente segreto free-lance. E paraplegico! Spesso, nel cinema e nella letteratura, le risposte alla soluzione a enigmi apparentemente indecifrabili le si fa risiedere nella mente di persone invalide. Cosa fa pensare che il genio e l’handicap fisico possano andare così spesso a braccetto?
Nel mio caso era funzionale un personaggio del genere perché era l’unico modo per avere a disposizione un tipo che si dedicava completamente al lavoro d’indagine in rete. Colombo è il più bravo di tutti. E solo dentro all’universo virtuale ritrova il movimento che nella vita reale non possiede più. Lui lì può addirittura volare. Diventa libero come un uccello. Non mi sono mai soffermato a pensare a come altri autori abbiano usato personaggi invalidi e geniali: e anche adesso, se provo a pensarci, mi viene in mente solo l’investigatore inventato da Deaver.

Lo squalo albino “Goblin” è una delle trovate più spaventose di questo suo ultimo romanzo. Esistono davvero, secondo lei, programmi di sperimentazione atti a trasformare animali marini (più o meno innocui...) in spietate macchine da guerra o terrorismo?
Sono esistiti ed esistono eccome. L’esperimento con i delfini e i rostri montati sul muso è stato fatto davvero, non l’ho inventato io.

Se lei fosse un regista cinematografico e le venisse commissionato il prossimo ‘007’, quale attore sceglierebbe?
Daniel Craig mi piace molto e direi che è perfetto. Quindi continuerei con lui.

Grazie per il tempo prezioso che mi ha dedicato, monsieur Reno, e in bocca al lupo per il proseguimento di ‘Hydra Crisis’...

Lo scrittore non risponde. Fa un cenno alle due massaggiatrici che mi si avventano addosso, cominciando a spogliarmi.
“Ma dove va? La notte è ancora giovane...” mi sussurra Jo Lancaster Reno, scoppiando subito dopo in una risata satanica, mentre io mi sento avvampare dalla vergogna...

L’unica intervista mai rilasciata da Jo Lancaster Reno
Intervista realizzata da: Domenico Nigro
Intervista pubblicata il 17/02/2007



domenica 28 aprile 2013

INTERVISTE - SPIE NEL MIRINO

Spie nel mirino
a cura di Fabio Novel

[17] Hydra Crisis 3

Lo spettro corre nell'acqua

di Fabio Novel
 (12 gennaio 2007)

Qualche domanda a Gianfranco Nerozzi/Jo Lancaster Reno
Gianfranco ciao. E’ già in edicola da qualche giorno il terzo appuntamento con HYDRA CRISIS: Lo spettro corre nell’acqua. Di questa tua serie che firmi per Segretissimo, sotto pseudonimo, parlammo già tempo fa, nella rubrica Spie nel mirino. Vuoi riassumerne ai nuovi lettori di ThrillerMagazine le caratteristiche?
Spy story estrema, in odor di horror e di fantascienza. Con un  ritmo narrativo che s’ispira molto al cinema di John Woo e scelte stilistiche che si rifanno ai libri di Jan Fleming. Il tema di base che viene trattato è fondamentalmente la lotta di un uomo contro un mostro. Un duello all’ultimo sangue che si rinnova nel tempo e continua strenuamente. Marc Ange, il protagonista della serie, è ossessionato da un incubo personale, uno spettro proveniente dal suo passato che è nel contempo creatura mitologica e metafora delle sue ossessioni. La creatura mostruosa dalle tante teste che lui identifica come icona del male assoluto. Il potere che sta nell’ombra e tutto dirige.

Cosa accomuna e cosa distingue Marc Ange dagli altri eroi che costellano l’universo della spy story internazionale?
Per volerlo definire in tre parole, Ange è un donnaiolo, un eroe, un vendicatore.
Lui è un’agente free lance del DIESIS il servizio segreto interforze europeo. E fa parte di un’unità di crisi denominata Nemo, che entra in azione quando si deve agire assolutamente fuori dagli schemi, al di sopra della legge.
La sfida che mi sono posto fin  dall’inizio, è stata quella di creare una specie di James Bond più cattivo, più romantico, più tormentato.

Ange è in definitiva una cavaliere d’altri tempi che non esita a rischiare la propria vita in nome di un ideale di giustizia che viene di volta in volta infangato dagli intrighi che fanno a capo alle più oscure trame politiche. Gli antagonisti sono spesso loro stessi vittime di questo potere assoluto e misterioso, ignari emissari, freddi e calcolati strumenti di devastazione inevitabilmente destinati all’annientamento nel nome di un’assurda rigenerazione matastica del male. La metafora dell’Hydra è perfetta per definire un mostro che risorge da se stesso: le teste tagliate si riformano ogni volta più crudeli e letali.
L’inganno impera e prolifica e niente è mai come sembra.

Marc Ange non è solo nella sua lotta contro il male…
Il suo braccio destro è Colombo Viaggiatore, un hacker di diciannove anni, paraplegico, di cui nessuno conosce l’identità, un tipino in grado di entrare in qualsiasi rete informatica, genio dell’elettronica e arguto investigatore. Poi c’è il generale Claude Marini, il capo del Diesis, che non a caso è soprannominato la Chioccia.

Il lettore starà pensando a M, il boss di James Bond…
Ne rappresenta una versione molto più tormentata. E’ un uomo costretto a compiere scelte  scomode, dotato di una grande umanità ma costretto a barcamenarsi dentro i grovigli inestricabili che fanno a capo ai grandi intrighi internazionali, spesso a scapito della giustizia vera. Ricorda un poco il capo Skinner dei telefilm di X-file con il fisico di un Maigret.

Marc Ange e le donne.
Lui è un inguaribile seduttore, dotato di un fascino irresistibile, oltre che di una bellezza fuori dal comune. Inevitabilmente, in ogni sua avventura perde la testa per la femmina sbagliata.

Per fortuna che c’è Jamaka, l’unica donna che conta veramente per il nostro eroe: una stupenda sino brasiliana campionessa di arti marziali, che è di fatto la custode di Nid Azur, l’sola segreta situata alla Cajenna, nella Guyana francese, dove Ange va a rifugiarsi per leccarsi le ferite dopo le sue missioni.

Gadget di missione, armi, auto e quant’altro…
Marc è collezionista di Porsche, rigorosamente nere. Possiede, in un garage privato a Parigi, alcuni modelli molto rari e molto costosi, che usa durante le sue missioni e che inevitabilmente rovina. In Lo Spettro corre nell’acqua, però, trovandosi ai Caraibi, è costretto a prendere in prestito una Carrera GT argento metalizzato, povero. Ama molto anche gli orologi. Usa quasi sempre un Omega Speedmaster Professional del ’69 che era stato di suo padre, ma non disdegna anche altri classici. In quest’ultima avventura, opta per un mitico Rolex Submariner con laser incorporato. Poi ci sono le armi: che sono sempre sofisticate e scelte alla luce di una grande competenza operativa. In quest’ultimo libro opta fra le altre cose, per un modello di semiautomatica di produzione italiana, la P 7070, che ha la caratteristica di avere una canna senza rigatura, con effetti terminali devastanti. Poi un coltello Karambit ad artiglio di tigre usato nelle arti marziali indonesiane, estremamente letale. Nella dotazione subacquea, una balestra con testate esplosive a tamburo rotante.

Ci sono alcune concessioni alla fantascienza, nel tuo modo di interpretare il format di Segretissimo, mi riferisco in particolare alle invenzioni usate dai “cattivi” di turno…
In ogni romanzo c’è sempre alla base di tutto una trovata di questo genere. In L’Occhio della tenebra: il raggio della morte, un sistema che paralizza tutti i congegni elettronici e fa impazzire la gente.

In La coda dello scorpione un virus a selezione genetica. In Lo spettro corre nell’acqua, le idee si sprecano. Ci sono: simulatori abissali, caccia subacquei, un cerebroscopio in grado di guidare il cervello dei pesci. Respiratori a liquido amniotico. Tute cibernetiche da realtà virtuale…

La trama de Lo Spettro corre nell'acqua, a grandi linee?
Un agente del Diesis in missione viene ritrovato ucciso, decapitato, sulla spiaggia di un'isola al largo di Monte Cristi. L'ultima sua comunicazione inviata alla base d'appoggio è una sequenza di numeri all'apparenza incomprensibile. L'agente si era infiltrato come  biologo nell'equipe scientifica del dottor  Raphael Markos, uno scienziato miliardario esperto di fondi abissali, inventore di straordinarie apparecchiature subacquee. Marc Ange reduce da una brutta esperienza con uno squalo assassino di specie sconosciuta, viene chiamato ad indagare.  Da Miami ad Haiti. Dalle Florida Keys alle Isole vergini. In uno scenario esotico e nello stesso tempo terribile, l'agente Nemo dovrà affrontare  i mostri del suo passato. Mentre la nuova testa dell'Hydra si preparerà a colpire: silenziosa e letale, proprio come uno spettro che corre nell’acqua.

Marc è un grande fan dei King Crimson, ne è quasi ossessionato. Anche in Hydra Crisis, come negli altri tuoi libri, viene data molta importanza alla musica.
E’ una cosa di cui non posso fare a meno. Il retaggio del mio passato da musicista. Anche io adoro i King Crimson e li adora anche Reno, ovviamente. In ogni libro c’è una colonna sonora che in qualche modo partecipa alla trama.

In Darkeneye la strofa di una canzone serve persino per scoprire l’orrenda trama. In quest’ultimo romanzo, tutte le canzoni e i brani musicali scelti hanno a che fare con l’acqua. Da Handel ai Deep Purple con Smoke on the water. Fino al bellissimo e suggestivo Cold Water di Damien Rice: quando Marc incontra per la prima volta la bellissima Sirène occhi di mare (la stupenda femmina in tuta subacquea che è nella cover del libro).

Al terzo libro, Jo Lancaster Reno cosa rappresenta esattamente per te? E’ un semplice pseudonimo o inizia ad essere un alter ego?
Lui è il personaggio principale del serial, in un certo senso. La prima cosa che ho fatto, quando mi sono imbarcato in questa avventura narrativa è stata quella di inventarmi lo scrittore che avrebbe dovuto portarla avanti. Poi mi ci sono immedesimato, proprio come si fa con gli altri personaggi della storia. Quindi io mi travesto, divento come Reno e inizio a battere sui tasti del computer. Se non è un delirio questo…
Una nota informativa di colore: in ogni romanzo io faccio sempre una comparsata: a un certo punto della vicenda, viene descritto un tipo pelato che sta scrivendo su un taccuino. Il buon Hitchcok insegna…

Puoi anticipare qualcosa delle prossime puntate di Hydra Crisis?
Marc Ange dovrà cercare di fermare una bellissima e letale superkiller con una mortale forma allergia nei confronti dell’acqua.

Inizierà così una vera e propria sfida all’ultimo sangue in giro per il mondo. Tensione erotica, odio profondo, un’attrazione irresistibile e il desiderio di uccidere si mescoleranno assieme creando una miscela altamente esplosiva. Poi ho in programma di scrivere la storia che descrive il passato di Marc, l’inizio dell’incubo. Il suo rapimento quando era ragazzino, l’uccisione di suo padre e di sua madre. La crescita e l’addestramento. La nascita dell’agente Nemo.
Ci sarà molto sangue da versare, battiti accelerati all’inverosimile e respiri mozzati.
Insomma, avremo da divertirci un mondo, io e il buon Reno.
Data: 12 gennaio 2007




sabato 27 aprile 2013

COMMENT

DAL BLOG DI ALAN D. ALTIERI

http://alanaltieri.forumfree.it/

Jo Lancaster Reno
Hydra Crisis: lo spettro corre nell'acqua
Segretissimo, Gennaio 2007

TRAMA IN SINTESI

Marc Ange, l'agente Nemo, ha un incontro fin troppo ravvicinato con uno strano e insolitamente aggressivo squalo albino, mentre si sta allenando nelle acque dei caraibi.
Poco tempo dopo viene ritrovato il cadavere decapitato di un agente infiltarto del DIESIS, che stava indagando su Markos, il "re del mare" esperto di biologia marina orrendamente sfigurato.
Che legame c'è tra Markos, erede di un boia nazista alleato del ditatore Haitiano Duvallier e la sparizione dell'agente? che segreto si cela nei suoi laboratori?

COMMENTI
Da leggere senza pause.
Questa è la prima riflessione che mi sento di fare avendo ultimato la lettura di questo Segretissimo targato Reno/Nerozzi.
Il ritmo infatti è sostenuto, anche grazie alla struttura in capitoli brevi che scandiscono la storia, così come dallo stile.
La storia è intrigante, una trama relativamente classica di complotti, scienziati pazzi e aspiranti dominatori del mondo, impreziosita da alcuni colpi di scena ben distribuiti che la rendono nient'affatto scontata.
Quello che fa la differenza è riassumibile in una parola: intensità.

Ci sono molti elementi in questo romanzo che si potrebbero definire estremi: per prima cosa sicuramente la forte vena horror che pervade l'intera vicenda.
Siamo tradizionalmente abituati in questo genere di storie a leggere di morti ammazzati in maniere più o meno truculente, ma vi assicuro che Jo Lancaster Reno ci va giù decisamente pesante, con parecchi elementi splatter e gore degni di Evil Dead di Raimi o di certo horror italiano tipico degli anni 70.
Non è l'unico elemento estremo: anche il sesso, tradizionale caratteristiche di Segretissimo (e di ogni spy-story che si rispetti in fin dei conti, l'agente deve essere anche un seduttore) è parecchio esplicito.
Alcuni elementi di fantascienza rendono ancora più saporito il cocktail, affiancandosi agli immancabili gadget "bondiani" di Marc Ange (personaggio amante della bella vita e molto attento anche al look) e alle incursioni nel cyberspazio di Colombo Viaggiatore, la sua spalla fidata.

Da leggere quindi e da divorare in breve tempo, per non perdere il coinvolgimento di una storia ricca di adrenalina e di situazioni "al limite", nell'attesa che continui la battaglia personale tra Ange e l'entità Hydra.


L' ho comprato ieri e me lo sono letto tutto d'un fiato, cosa che non mi succedeva dai tempi di Io sono Leggenda.......

Che dire, decisamente una bella scoperta questo Jo Lancaster Reno.
Intendiamoci, il libro non contiene nulla di nuovo......è una spy-story di stile bondiano piuttosto classica.......quello che fà la differenza è lo stile dell'autore!
Come giustamente rilevato da Russel il romanzo ha una gustosa vena Horror.....inoltre Marc Ange è un personaggio a cui è facile affezionarsi.

Pur aderendo ad un modello di spia che più classico non si può, l'agente Nemo viene tratteggiato con poche ma efficaci pennellate che ci rivelano le sue passioni e i suoi vizi, rendendolo immediatamente "vivo"........in più adora i King Crimson (come me!!!)






giovedì 25 aprile 2013

LO SPETTRO CORRE NELL'ACQUA


HYDRA FILES
codice: ZZZ - 200701 direttiva SS
 DIESIS/NEMO - only for your eyes
rapporto COLOMBO VIAGGIATORE
status: SEGRETISSIMO


Un agente del Diesis in missione viene ritrovato ucciso, decapitato, sulla spiaggia di un'isola al largo di Monte Cristi. L'ultima sua comunciazione inviata alla base d'appoggio è una sequenza di numeri all'apparenza incomprensibile. L'agente si era infiltrato come  biologo nell'equipe scientifica del dottor  Raphael Markos, uno scienziato miliardario esperto di fondi abissali, inventore di straordinarie apparecchiature subacquee. Marc Ange reduce da una brutta esperienza con uno squalo assassino di specie sconosciuta, viene chiamato ad indagare.  Da Miami ad Haiti. Dalle Florida Keys alle Isole vergini. In uno scenario esotico e nello stesso tempo terribile, l'agente Nemo dovrà affrontare  i mostri del suo passato. Mentre la nuova testa dell'Hydra si preparerà a colpire:  silenziosa e letale, proprio come uno spettro che corre nell'acqua.




 
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Presa a terra.

Le teste deformi di sette mostri marini spuntano dall'acqua scura.  Le facce racchiuse nelle maschere di vetro scintillante. Sono sbarcati dall'elicottero mezzo chilometro al largo, nella baia di Port-au-Prince. Hanno nuotato restando sotto per tutto il tempo e solo adesso che sono a riva escono allo scoperto.
Emergono dalle acque avanzando lentamente, come in un sogno.
Sulle spalle, autorespiratori leggeri Oxigers 57 a calce sodica. Indossano giubbotti antiproiettili in kevlar. Stringono in pugno fucili d'assalto di tipo bull-pup FAMAS calibro 5,56 NATO. Revolver Manurhin 357 magnum dentro la fondina alla coscia. Coltello Extrema Ratio al polpaccio.
Guadagnano la battigia e si tolgono le bombole, le maschere subacquee, i cinturoni zavorrati e le pinne. Silenziosi come ombre, raggiungono correndo un piccolo anfratto al limitare della scogliera che delimita il lato settentrionale della spiaggia.


 Aveva compiuto una search per ottenere informazioni sulle razze di squali conosciute e dopo molti tentativi era riuscito a trovare qualcosa di interessante in un sito che parlava di pesci abissali.


Adesso, proprio mentre i King Crismon raccontavano dell’attesa di un uomo che non sa attendere, Marc aveva aperto uno jpg a dir poco inquietante.

La foto che campeggiava al centro dello schermo, raffigurava una rara specie di squalo. Era albino, mostruoso, identico a quello che lo aveva attaccato la sera prima. C’era un articolo risalente a dieci anni prima, che si riferiva ad un ritrovamento nelle acque al largo di Portorico…


SAN JUAN - Uno squalo abissale di specie sconosciuta è stato catturato morto da alcuni pescatori nelle acque della scoscesa fossa settentrionale di Portorico, ad una profondità di 500 metri. Si tratta di una femmina di quasi quattro metri di lunghezza, pesante 210 chili. Gli esperti dell'ente nazionale di ricerca marina NMR, cui la preda è stata consegnata, l'hanno battezzata Goblin, a causa del suo colore bianco luminescente che ricorda quello di un fantasma…





  In uno speciale scomparto laterale trovò un beauty-case con l’occorrente per il trucco e  l'orologio che aveva richiesto: uno speciale Rolex Submariner munito di un piccolo laser impiantato nel cinturino.


Il sistema di comunicazione era costituito da un cellulare subacqueo Ericsson, dotato di fotocamera e di uno scanner che permetteva di collegarsi al satellite per individuare la posizione di un qualsiasi telefonino.



La dotazione era completata da una cintura di cuoio molto spessa e robusta, con una fibbia particolare che si poteva sganciare e trasformare in un coltello Karambit ad artiglio di tigre.

Ange provò subito se il meccanismo di sblocco funzionava. Spinse il pulsante apposito e mosse le dita con agilità per aprire la lama arcuata, lunga una decina di centimetri.


Si trattava di un'arma che veniva usata nelle arti marziali indonesiane. In fondo all'impugnatura c'era un'anella dentro cui infilare le dita per rendere la presa più salda. Provò un paio di posizioni, facendo girare abilmente il coltello nella mano, usando la tecnica detta position grip: con il mignolo infilato e la lama che sporgeva dalla sommità del pugno chiuso.

Soddisfatto, ripose il Karambit e passò ad esaminare il contenuto dell'ultima Nell’ultima tasca interna della valigetta, trovò una custodia con dentro un paio di occhialini molto eleganti, Exté Eyewear by Allison, montatura blu scuro e  finte lenti da vista, che dovevano avere a che fare con il personaggio che doveva interpretare.





Marc impugnò per prima la P 7070.Era compatta e maneggevole, non più di 800 grammi di peso. Aveva una canna di 107 centimetri e non era particolarmente bella. Più che altro era il calibro che la rendeva interessante. Il cosiddetto 7 penna, un 7x23 rimless con un grande potere d’arresto se usato in una canna liscia: il proiettile usciva dalla bocca di sparo ad alta velocità ponendosi di traverso a causa della mancanza di rigatura, raggiungendo il bersaglio con risultati devastanti che si potevano paragonare a quelli di una 44 magnum. 


Il basso rinculo permetteva una grande velocità di ripetizione che andava a compensare la mancanza di precisione alle lunghe distanze. Era una pistola da tiro istintivo, senza tacca di mira, che un professionista poteva usare in modo efficace durante sparatorie in ambiente chiuso, tipo un appartamento o un aeromobile. Marc tolse il caricatore, fece scorrere il carrello un paio di volte, infine provò la durezza dello scatto. Sembrava tutto a posto.

Dopo aver riposto la P7070 nella custodia, passò ad esaminare la seconda semiautomatica.

La Para-Ordnance era un'arma molto soddisfacente anche dal punto di vista estetico: finitura bicroma in acciaio inox, fusto in lega leggera ricavato per microfusione, zigrinature anteriori e posteriori sul carrello. In pratica si trattava di una Colt Government modificata per le gare di tiro dinamico. Aveva un caricatore bifilare da 14 colpi, e funzionava solo in doppia azione, come un revolver, adottando un sistema di scatto LDA: light double action, incredibilmente fluido e leggero.

Impugnandola con una mano sola, Marc puntò la calibro 45 in avanti. Era pesante, ma perfettamente bilanciata. Reclinando il capo da una parte, valutò la linea di puntamento. Il mirino di tipo a rampa e la tacca di mira regolabile micronometricamente, erano un po' troppo sovradimensionati e avrebbero potuto creare dei problemi durante un'estrazione rapida.


 
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Raggiunta l'autorimessa, Ricard estrasse un telecomando dalla tasca dei pantaloni e schiacciò il pulsante per attivare l'apertura della porta basculante.

Fu come alzare il sipario su una scena teatrale. La luce si accese automaticamente e comparve la Ferrari Maranello di Rico con a fianco un altro bolide.
La linea filante, con il cofano a guisa di freccia e le bombature rialzate dei passaruota… Si trattava della nuova Porsche Carrera GT, un modello argento metallizzato che sembrava un’astronave più che una macchina.

Marc si avvicinò a quella meraviglia, colmo di stupore riverente, come un bambino di fronte a una situazione sognata. Si passò la valigetta dalla destra alla sinistra e accarezzò la fiancata come un fantino che cerca di rassicurare il cavallo che deve montare: Fece scivolare la punta delle dita sulla presa d'aria laterale e sbirciò dentro l’abitacolo: pelle rossa, magnesio e fibra di carbonio, quadro comandi sfavillante con inserti metallici, la quintessenza del lusso e dell’essenzialità.

Ricard strinse la spalla dell’amico. «Questo gioiellino può raggiungere i 330 chilometri all’ora e accelera da 0 a 100 in tre secondi», disse. «Ti piacerebbe averla nella tua collezione di Porsche, fratellino?»

«È bellissima. Ma non farei cambio con la mia 959 nera» controbatté l'agente Nemo ostentando una finta indifferenza.


Sonia controllò l’ora nel Panerai che portava al polso. Con un sospiro, si chiese cosa stesse facendo Marc Ange.

In quel momento esatto suonò il cellulare che teneva nella borsa assieme a una piccola Beretta Bobcat compatta da 125 mm con inserti dorati e guancette in noce. Recuperò il Nokia e lesse il messaggio appena giunto. Ange stava per cominciare l'azione.


L'agente Palmer digitò la risposta in fretta e prese un respiro profondo per diluire la tensione. Si sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
 
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Nuotavano, uno di fianco all'altra. E ormai stavano per raggiungere la recinzione.  Stavano per farcela. Ancora poche bracciate, pochi battiti. Poi erano comparse le pinne minacciose degli squali.

Sacramerda, pensò Marc. Non sarebbe mai finita quella notte del cazzo. La sua mano corse ad estrarre la 357 Casull da dentro il marsupio. Quello era un revolver che veniva usato come difesa personale contro gli orsi Grizzly e sviluppava una potenza inaudita. Il problema era che non poteva usarla sott'acqua oltre qualche metro di profondità, perché gli sarebbe esplosa in mano per la pressione.

Raggiunta la ragazza, cercò di rassicurarla con un sorriso che non riuscì ad essere per nulla convincente, poi si pose davanti a lei per proteggerla con il proprio corpo e immerse la  testa per controllare meglio la situazione.

 
...il pezzo forte della sua dotazione era un apparato cibernetico da combattimento: una tuta in plastilab che avrebbe indossato sotto alla muta subacquea a tenuta stagna. Si trattava di una guaina in lattice leggerissimo, tanto sottile da aderire al corpo come una seconda pelle, con una nervatura di sensori collegati all'unità centrale non più grande di un microchip, inserita dentro ad un paio di occhiali speciali Transvision, corredati da un micromodem situato nella stanghetta, che permetteva il collegamento diretto con qualsiasi fonte digitale. Era un sistema di navigazione ultrapotente che gli avrebbe permesso di agire in comunione  con il suo collaboratore telematico e di interagire per mezzo suo con tutti i sistemi computerizzati presenti sull'isola.
In pratica lui e Colombo Viaggiatore avrebbero compiuto assieme una doppia incursione: una reale e una virtuale. Ange avrebbe agito dall'esterno mentre l'hacker avrebbe operato dall'interno: effettuando transazioni ottiche, aprendo porte, scoprendo strade, confondendo eventuali radar ed isolando sistemi d'intercettazione o di allarme.
...
Iniziò a nuotare in linea retta muovendo le gambe lentamente, ad un ritmo costante, guardandosi attorno con attenzione. Con l’aiuto del GPS controllato da Colombo, procedette per 500 metri. E già l’acqua si stava facendo più chiara, resa limpida sulla superficie grazie ai riflettori perlustrativi delle torri di controllo che percorrevano incessantemente l’intera area.
Una voce metallica gli risuonò nell'auricolare:
<disattivati idrofoni d'allarme subacqueo>
Il suo gemello virtuale aveva finito di neutralizzare il network di sicurezza della base e adesso il suo avanzare sarebbe rimasto irrilevato dai sensori. Lui non esisteva più: era un fantasma che procedeva nel nulla.
Uno spettro al confine del vuoto…
...
Dopo una decina di minuti, intravide una luce in fondo al tunnel, sopra di sé.
Stava arrivando a destinazione. Mancavano pochi metri.
Raggiunta la sommità, emerse in una vasca enorme, scavata all'interno della roccia. Il visore digitale gli mostrò una scala a pioli, sulla sua sinistra. Diede un colpo di pinne per arrivare a toccarla. Vi si aggrappò saldamente con la sinistra. Iniziò a salire. Uscendo dall'acqua.
 
 
Si guardò attorno scrutando nei meandri dello schermo fotonico. Provava un leggero senso di vertigine per la continua visione stereoscopica cui era sottoposto il suo cervello da un'ora a questa parte. Universi paralleli che si confrontano, il reale e il virtuale. Sinistra destra.
I soliti opposti estremismi che si confrontano e si scontrano.
Avanti e ancora avanti.
I fotometri digitali che scrutavano e analizzavano.
                               ...
L'agente pensò che doveva sbrigarsi. Doveva raggiungere il cuore della base. Trovare Markos. Ucciderlo.
Distruggere tutto quello che c'era da distruggere.


HYDRA CRISIS:
LO SPETTRO CORRE NELL'ACQUA
Gianfranco Nerozzi, con lo pseudonimo di 
Jo Lancaster Reno
Anno: 2007
255 pagine
3,60
Segretissimo Mondadori










domenica 21 aprile 2013

OPERAZIONE GENESIS LIFE-LA CODA DELLO SCORPIONE


 
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HYDRA FILES
codice: XXX - 200409 direttiva SS
 DIESIS/NEMO - only for your eyes
rapporto COLOMBO VIAGGIATORE
status: SEGRETISSIMO



In un villaggio sperduto nella foresta amazzonica: dopo una vaccinazione, tutti gli abitanti muoiono, apparentemente a causa di un arresto cardiaco. Una task force giunge in elicottero per bruciare i cadaveri e uccidere i pochi sopravissuti. Marc Ange inizia ad indagare, scoprendo le implicazioni di una tentacolare setta religiosa: la Genesis life, con migliaia d’adepti in tutto il mondo. Ma cosa si nasconde dietro oscure sperimentazioni cominciate già molto tempo prima, nell’Iraq di Saddam Hussein? Cos’è la corporazione Genius? Chi è il misterioso personaggio che si fa chiamare Condor? Gli interrogativi si moltiplicano, mentre viene a delinearsi un orribile disegno di follia: l’uso di un’arma biologica dal devastante potere distruttivo per compiere un attentato che minerà le basi stesse dell’economia mondiale. Dalle profondità oscure della jungla amazzonica, agli sgargianti scenari parigini. Dagli orrori delle carceri di Guantanamo alla Germania mittle europea; l’azione si snoda ad un ritmo incessante. Per concludersi in un oscuro territorio off limits, all’estrema periferia di Vienna...


…l’eroe è tornato:
Marc Ange affronta la nuova testa dell’Hydra…
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Nel buio cresceva la forma del mostro. Lui la percepiva come se fosse un ringhio nella mente. Avvolto dall'oscurità, si sentiva inerme. Perché c'erano facce distorte che comparivano dentro una sostanza nera. Il sorriso di suo padre emerse dal nulla. Poi un suono lacerante e il pianto disperato di un bambino.
Marc Ange spalancò gli occhi di colpo e trattenne un grido. Le pupille verde smeraldo lucide di lacrime.
Il ringhio si era trasformato in una risata che straziava i suoi pensieri, un’unghia sul cervello.
Le labbra si tesero sul chiostro dei denti per lasciare uscire un gemito. Nell'aria un battito. I suoi occhi registrarono le pale che giravano sul soffitto, il loro flap pareva accodarsi al ritmo del cuore.
Puntando i gomiti, si mise a sedere sul letto.
Non sarebbe finita mai…
La confusione nella mente, il sapore del sonno e del caldo. La paura.
Il mostro dalle tante teste era sempre nei suoi pensieri, non se ne andava.
Hydra.
Lei rappresentava la calamità, la sostanza nociva che genera il male.
Con un lembo del lenzuolo, si deterse il viso madido di sudore. Il suo corpo nudo aderì alla stoffa fresca di cotone. Scostò la coltre, scoprendo il torace. Allungò le gambe giù dal letto e cercò di scendere. Si domandò dove si trovasse Jamaka. Ricordava di aver fatto all'amore con lei. Soprattutto gli tornava in mente la sua voce che gridava ancora cherì!, gli occhi pervasi di riflessi dorati, il sapore morbido delle labbra e la sua pelle scura. Si erano sciolti l'uno dentro l'altra, possedendosi selvaggiamente per buona parte della notte.  Vinse l'impulso di chiamarla. Doveva restare solo ancora per qualche minuto. Era ancora troppo scosso. Il mostro che lui aveva giurato di combattere stava per tornare. Il suo richiamo era chiaro.


Era arrivato a Parigi la sera prima. Avevano prenotato per lui la solita suite all’Hotel du Louvre  in place  André Malraux e aveva trovato, nella casella di posta della reception, una busta riservata contenente il dischetto con le istruzioni per l’indomani. Una volta in camera, si era fatto una doccia di mezz’ora per togliere via la stanchezza del viaggio. Indossando un morbido accappatoio di spugna, aveva telefonato al suo meccanico di fiducia, perché la mattina dopo gli facesse portare nel garage dell’Hotel una delle Porsche della sua collezione.


Aveva optato per una 911 Targa turbo, un modello dell'87, personalizzato con lo speciale programma Tequipment di Jordan Mailer; la propulsione potenziata con un Powerkit a condotti variabili e un complicato sistema di raffreddamento ad acqua che permetteva di raggiungere una velocità massima di 320 km all'ora, con un accelerazione da 0 a 100 in 4 secondi. Una vera bomba su quattro ruote.




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Il corredo operativo era completato da una serie di polpette esplosive a base di potente T4, con detonatori a distanza di tipo A. La pasta, raggrumata nelle dosi necessarie, era nascosta dentro la bomboletta della crema da barba. Il telecomando, non più grande di un microchip, era stato nascosto nel cinturino metallico dell’Omega Speedmaster, si attivava usando la rotella per i calcoli di profondità posta attorno alla cassa dell’orologio, in pratica si usava come per l’apertura di una cassaforte: dieci minuti a sinistra, dieci a destra, ritorno al centro. A quel punto veniva emesso un sottile raggio sonoro a bassa frequenza che faceva partire il timer e innescava l’esplosivo secondo il tempo per cui era stato programmato. Un’altra dotazione che aveva richiesto, era un semplice congegno di difesa costituito da un ago impregnato con una forte droga tranquillante, impiantato in un anello che Marc avrebbe portato all’anulare destro: un anello con un teschio in rilievo, perfetto per il personaggio che interpretava. Se stringeva il pugno tre volte di continuo, si accendeva una piccola spia situata nell’orbita del teschio e una quarta stretta avrebbe acceso quella verde nell’altra orbita. A quel punto l’ago, lungo un paio di centimetri, fuoriusciva di scatto dalla fessura centrale ed era pronto all’uso.


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Catacombe di Parigi: armeria del Diesis

Per un amante delle armi, la Polveriera era come un negozio di giocattoli per un bambino.
Marc Ange passò in rassegna una prima rastrelliera, tanto per farlo. Poi decise che non aveva tempo per curiosare solo per il piacere di farlo, non era lì per divertirsi. Così affrettò il passo per raggiungere il bancone in fondo del corridoio. E disse al maestro armiere cosa voleva. Aveva idee assolutamente chiare a riguardo. Desiderava delle armi potenti, da guerra, con tante pallottole nel caricatore, buon potere d’arresto unito a grande penetrazione; voleva una pistola automatica e una gun machine che fossero entrambi dello stesso calibro per rendere più semplice il munizionamento.
Ce n’erano solo due che potevano soddisfare tutto ciò.

Si trattava del cosiddetto kit di fuoco della FN Herstal costituito dalla sub machine P90, una pistola mitragliatrice con impugnatura ergonomica, leggera e compatta, lunga solo 500 mm e con un caricatore soprastante da 50 colpi,  abbinata alla pistola semiautomatica Five-seveN in sola doppia azione da 20  colpi.
Entrambe le armi adottavano lo stesso calibro da guerra 5,7 x 28 mm, in grado di perforare qualsiasi giubbotto antiproiettile in commercio.
Il maestro armiere, un tipo piuttosto corpulento, alla Orson Wells, che parlava con un accento che tradiva la sua provenienza italiana, si mostrò d’accordo con lui: la scelta era ottima. Si alzò e scomparì nel magazzino che si apriva alle sue spalle. Dopo una decina di minuti comparve con il materiale e lo posò sul bancone. Aveva corredato il tutto con un puntatore laser per la P90 e due soppressori di rumore di ultima generazione che potevano silenziare i colpi riducendo il suono delle deflagrazioni di almeno 30dbA.

Adesso serviva una pistola da caviglia. Marc voleva sostituire il revolver Smith & Wesson AirLite PD 357 che usava di solito, con qualcosa di meno esuberante  e di più maneggevole.

Il maestro armiere si permise di consigliargli la Seecamp 32: una sei colpi calibro 7,65, semiautomatica con chiusura a massa, che poteva adottare le nuove cartucce Winchester Silvertip espansive hollow point da 60 grs. Era un’arma in sola doppia azione, molto piccola, leggera e facile da usare, con un basso rinculo e un potere d’arresto notevole.

Marc se ne fece portare una e la soppesò per valutarla. Era di buona fattura, realizzata interamente in acciaio. Fece scorrere il carrello, provò lo scatto. Alla fine decise di seguire il consiglio dell’esperto e la posò di fianco alle altre due.
“Vorrei anche un paio di fondine per la Five-seveN, ascellare a da cintura. E una da caviglia per la Seecamp, naturalmente…”, disse, senza riuscire a distogliere gli occhi dai nuovi giocattoli.

LE ARMI DEI CATTIVI:





César spinse un pulsante sopra una console e il pesante tendaggio che celava l’intera parete laterale, prese a scorrere mostrando quello che, a prima vista, sembrava un enorme acquario.
Marc si avvicinò per guardare meglio e restò senza fiato, quando si rese conto che si trovava di fronte allo spettacolo del fondo del lago.
“E’ molto suggestivo”, commentò Ange. “Deve essere costata molto questa trovata architettonica”
“Ho fatto costruire la lastra di vetro all’interno della roccia, smantellando l’armatura granitica fino a mettere a nudo l’intera parete. E’ stato un lavoro imponente e costoso. Ma credo che ne sia valsa la pena”
C’erano degli strani pesci che nuotavano pigramente in mezzo alla vegetazione ripariale che ondeggiava sul fondo sabbioso, erano bestie molto grosse, con la testa massiccia e appiattita dotata di lunghissimi barbigli, dall’aspetto pericoloso.

“Sono dei pesci siluro giganti. Silurus glanis. E’ una specie molto rara di squalo d’acqua dolce”, puntualizzò Le Chiffre con un tono in cui non celava una certa soddisfazione. “Abbiamo allevato esemplari che possono raggiungere cinque metri di lunghezza e 306 chili di peso. Li offriamo come attrazione per gli ospiti del Centro naturista che amano la caccia e la pesca insieme…”
“Credevo non esistessero veramente. Che fossero frutto di leggende… Animali appartenenti all’immaginario fantastico”, disse Marc con tono sorpreso.
César fece un sospiro. “Sono specie autoctone che si dice provengano nell’antichità dall’Asia, poi stanziate in seguito nelle acque di grandi corsi d’acqua dell’Europa orientale come il Danubio e il Dniepr. Durante la fase giovanile, si nutrono solitamente di invertebrati di fondale, poi passano agli uccelli selvatici, a pesci di notevole dimensione tipo lucci o persici sole, fino ad arrivare ai grossi mammiferi… Possono aggredire un uomo e divorarlo… Sono lenti ma inesorabili. Attaccano con una pacatezza languida che mi ha sempre affascinato”



HYDRA CRISIS:
la coda dello scorpione 
Gianfranco Nerozzi, con lo pseudonimo di Jo Lancaster Reno
Anno: 2004
290 pagine
3,55 €
Segretissimo Mondadori