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giovedì 25 aprile 2013

LO SPETTRO CORRE NELL'ACQUA


HYDRA FILES
codice: ZZZ - 200701 direttiva SS
 DIESIS/NEMO - only for your eyes
rapporto COLOMBO VIAGGIATORE
status: SEGRETISSIMO


Un agente del Diesis in missione viene ritrovato ucciso, decapitato, sulla spiaggia di un'isola al largo di Monte Cristi. L'ultima sua comunciazione inviata alla base d'appoggio è una sequenza di numeri all'apparenza incomprensibile. L'agente si era infiltrato come  biologo nell'equipe scientifica del dottor  Raphael Markos, uno scienziato miliardario esperto di fondi abissali, inventore di straordinarie apparecchiature subacquee. Marc Ange reduce da una brutta esperienza con uno squalo assassino di specie sconosciuta, viene chiamato ad indagare.  Da Miami ad Haiti. Dalle Florida Keys alle Isole vergini. In uno scenario esotico e nello stesso tempo terribile, l'agente Nemo dovrà affrontare  i mostri del suo passato. Mentre la nuova testa dell'Hydra si preparerà a colpire:  silenziosa e letale, proprio come uno spettro che corre nell'acqua.




 
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Presa a terra.

Le teste deformi di sette mostri marini spuntano dall'acqua scura.  Le facce racchiuse nelle maschere di vetro scintillante. Sono sbarcati dall'elicottero mezzo chilometro al largo, nella baia di Port-au-Prince. Hanno nuotato restando sotto per tutto il tempo e solo adesso che sono a riva escono allo scoperto.
Emergono dalle acque avanzando lentamente, come in un sogno.
Sulle spalle, autorespiratori leggeri Oxigers 57 a calce sodica. Indossano giubbotti antiproiettili in kevlar. Stringono in pugno fucili d'assalto di tipo bull-pup FAMAS calibro 5,56 NATO. Revolver Manurhin 357 magnum dentro la fondina alla coscia. Coltello Extrema Ratio al polpaccio.
Guadagnano la battigia e si tolgono le bombole, le maschere subacquee, i cinturoni zavorrati e le pinne. Silenziosi come ombre, raggiungono correndo un piccolo anfratto al limitare della scogliera che delimita il lato settentrionale della spiaggia.


 Aveva compiuto una search per ottenere informazioni sulle razze di squali conosciute e dopo molti tentativi era riuscito a trovare qualcosa di interessante in un sito che parlava di pesci abissali.


Adesso, proprio mentre i King Crismon raccontavano dell’attesa di un uomo che non sa attendere, Marc aveva aperto uno jpg a dir poco inquietante.

La foto che campeggiava al centro dello schermo, raffigurava una rara specie di squalo. Era albino, mostruoso, identico a quello che lo aveva attaccato la sera prima. C’era un articolo risalente a dieci anni prima, che si riferiva ad un ritrovamento nelle acque al largo di Portorico…


SAN JUAN - Uno squalo abissale di specie sconosciuta è stato catturato morto da alcuni pescatori nelle acque della scoscesa fossa settentrionale di Portorico, ad una profondità di 500 metri. Si tratta di una femmina di quasi quattro metri di lunghezza, pesante 210 chili. Gli esperti dell'ente nazionale di ricerca marina NMR, cui la preda è stata consegnata, l'hanno battezzata Goblin, a causa del suo colore bianco luminescente che ricorda quello di un fantasma…





  In uno speciale scomparto laterale trovò un beauty-case con l’occorrente per il trucco e  l'orologio che aveva richiesto: uno speciale Rolex Submariner munito di un piccolo laser impiantato nel cinturino.


Il sistema di comunicazione era costituito da un cellulare subacqueo Ericsson, dotato di fotocamera e di uno scanner che permetteva di collegarsi al satellite per individuare la posizione di un qualsiasi telefonino.



La dotazione era completata da una cintura di cuoio molto spessa e robusta, con una fibbia particolare che si poteva sganciare e trasformare in un coltello Karambit ad artiglio di tigre.

Ange provò subito se il meccanismo di sblocco funzionava. Spinse il pulsante apposito e mosse le dita con agilità per aprire la lama arcuata, lunga una decina di centimetri.


Si trattava di un'arma che veniva usata nelle arti marziali indonesiane. In fondo all'impugnatura c'era un'anella dentro cui infilare le dita per rendere la presa più salda. Provò un paio di posizioni, facendo girare abilmente il coltello nella mano, usando la tecnica detta position grip: con il mignolo infilato e la lama che sporgeva dalla sommità del pugno chiuso.

Soddisfatto, ripose il Karambit e passò ad esaminare il contenuto dell'ultima Nell’ultima tasca interna della valigetta, trovò una custodia con dentro un paio di occhialini molto eleganti, Exté Eyewear by Allison, montatura blu scuro e  finte lenti da vista, che dovevano avere a che fare con il personaggio che doveva interpretare.





Marc impugnò per prima la P 7070.Era compatta e maneggevole, non più di 800 grammi di peso. Aveva una canna di 107 centimetri e non era particolarmente bella. Più che altro era il calibro che la rendeva interessante. Il cosiddetto 7 penna, un 7x23 rimless con un grande potere d’arresto se usato in una canna liscia: il proiettile usciva dalla bocca di sparo ad alta velocità ponendosi di traverso a causa della mancanza di rigatura, raggiungendo il bersaglio con risultati devastanti che si potevano paragonare a quelli di una 44 magnum. 


Il basso rinculo permetteva una grande velocità di ripetizione che andava a compensare la mancanza di precisione alle lunghe distanze. Era una pistola da tiro istintivo, senza tacca di mira, che un professionista poteva usare in modo efficace durante sparatorie in ambiente chiuso, tipo un appartamento o un aeromobile. Marc tolse il caricatore, fece scorrere il carrello un paio di volte, infine provò la durezza dello scatto. Sembrava tutto a posto.

Dopo aver riposto la P7070 nella custodia, passò ad esaminare la seconda semiautomatica.

La Para-Ordnance era un'arma molto soddisfacente anche dal punto di vista estetico: finitura bicroma in acciaio inox, fusto in lega leggera ricavato per microfusione, zigrinature anteriori e posteriori sul carrello. In pratica si trattava di una Colt Government modificata per le gare di tiro dinamico. Aveva un caricatore bifilare da 14 colpi, e funzionava solo in doppia azione, come un revolver, adottando un sistema di scatto LDA: light double action, incredibilmente fluido e leggero.

Impugnandola con una mano sola, Marc puntò la calibro 45 in avanti. Era pesante, ma perfettamente bilanciata. Reclinando il capo da una parte, valutò la linea di puntamento. Il mirino di tipo a rampa e la tacca di mira regolabile micronometricamente, erano un po' troppo sovradimensionati e avrebbero potuto creare dei problemi durante un'estrazione rapida.


 
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Raggiunta l'autorimessa, Ricard estrasse un telecomando dalla tasca dei pantaloni e schiacciò il pulsante per attivare l'apertura della porta basculante.

Fu come alzare il sipario su una scena teatrale. La luce si accese automaticamente e comparve la Ferrari Maranello di Rico con a fianco un altro bolide.
La linea filante, con il cofano a guisa di freccia e le bombature rialzate dei passaruota… Si trattava della nuova Porsche Carrera GT, un modello argento metallizzato che sembrava un’astronave più che una macchina.

Marc si avvicinò a quella meraviglia, colmo di stupore riverente, come un bambino di fronte a una situazione sognata. Si passò la valigetta dalla destra alla sinistra e accarezzò la fiancata come un fantino che cerca di rassicurare il cavallo che deve montare: Fece scivolare la punta delle dita sulla presa d'aria laterale e sbirciò dentro l’abitacolo: pelle rossa, magnesio e fibra di carbonio, quadro comandi sfavillante con inserti metallici, la quintessenza del lusso e dell’essenzialità.

Ricard strinse la spalla dell’amico. «Questo gioiellino può raggiungere i 330 chilometri all’ora e accelera da 0 a 100 in tre secondi», disse. «Ti piacerebbe averla nella tua collezione di Porsche, fratellino?»

«È bellissima. Ma non farei cambio con la mia 959 nera» controbatté l'agente Nemo ostentando una finta indifferenza.


Sonia controllò l’ora nel Panerai che portava al polso. Con un sospiro, si chiese cosa stesse facendo Marc Ange.

In quel momento esatto suonò il cellulare che teneva nella borsa assieme a una piccola Beretta Bobcat compatta da 125 mm con inserti dorati e guancette in noce. Recuperò il Nokia e lesse il messaggio appena giunto. Ange stava per cominciare l'azione.


L'agente Palmer digitò la risposta in fretta e prese un respiro profondo per diluire la tensione. Si sentiva lo stomaco stretto in una morsa.
 
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Nuotavano, uno di fianco all'altra. E ormai stavano per raggiungere la recinzione.  Stavano per farcela. Ancora poche bracciate, pochi battiti. Poi erano comparse le pinne minacciose degli squali.

Sacramerda, pensò Marc. Non sarebbe mai finita quella notte del cazzo. La sua mano corse ad estrarre la 357 Casull da dentro il marsupio. Quello era un revolver che veniva usato come difesa personale contro gli orsi Grizzly e sviluppava una potenza inaudita. Il problema era che non poteva usarla sott'acqua oltre qualche metro di profondità, perché gli sarebbe esplosa in mano per la pressione.

Raggiunta la ragazza, cercò di rassicurarla con un sorriso che non riuscì ad essere per nulla convincente, poi si pose davanti a lei per proteggerla con il proprio corpo e immerse la  testa per controllare meglio la situazione.

 
...il pezzo forte della sua dotazione era un apparato cibernetico da combattimento: una tuta in plastilab che avrebbe indossato sotto alla muta subacquea a tenuta stagna. Si trattava di una guaina in lattice leggerissimo, tanto sottile da aderire al corpo come una seconda pelle, con una nervatura di sensori collegati all'unità centrale non più grande di un microchip, inserita dentro ad un paio di occhiali speciali Transvision, corredati da un micromodem situato nella stanghetta, che permetteva il collegamento diretto con qualsiasi fonte digitale. Era un sistema di navigazione ultrapotente che gli avrebbe permesso di agire in comunione  con il suo collaboratore telematico e di interagire per mezzo suo con tutti i sistemi computerizzati presenti sull'isola.
In pratica lui e Colombo Viaggiatore avrebbero compiuto assieme una doppia incursione: una reale e una virtuale. Ange avrebbe agito dall'esterno mentre l'hacker avrebbe operato dall'interno: effettuando transazioni ottiche, aprendo porte, scoprendo strade, confondendo eventuali radar ed isolando sistemi d'intercettazione o di allarme.
...
Iniziò a nuotare in linea retta muovendo le gambe lentamente, ad un ritmo costante, guardandosi attorno con attenzione. Con l’aiuto del GPS controllato da Colombo, procedette per 500 metri. E già l’acqua si stava facendo più chiara, resa limpida sulla superficie grazie ai riflettori perlustrativi delle torri di controllo che percorrevano incessantemente l’intera area.
Una voce metallica gli risuonò nell'auricolare:
<disattivati idrofoni d'allarme subacqueo>
Il suo gemello virtuale aveva finito di neutralizzare il network di sicurezza della base e adesso il suo avanzare sarebbe rimasto irrilevato dai sensori. Lui non esisteva più: era un fantasma che procedeva nel nulla.
Uno spettro al confine del vuoto…
...
Dopo una decina di minuti, intravide una luce in fondo al tunnel, sopra di sé.
Stava arrivando a destinazione. Mancavano pochi metri.
Raggiunta la sommità, emerse in una vasca enorme, scavata all'interno della roccia. Il visore digitale gli mostrò una scala a pioli, sulla sua sinistra. Diede un colpo di pinne per arrivare a toccarla. Vi si aggrappò saldamente con la sinistra. Iniziò a salire. Uscendo dall'acqua.
 
 
Si guardò attorno scrutando nei meandri dello schermo fotonico. Provava un leggero senso di vertigine per la continua visione stereoscopica cui era sottoposto il suo cervello da un'ora a questa parte. Universi paralleli che si confrontano, il reale e il virtuale. Sinistra destra.
I soliti opposti estremismi che si confrontano e si scontrano.
Avanti e ancora avanti.
I fotometri digitali che scrutavano e analizzavano.
                               ...
L'agente pensò che doveva sbrigarsi. Doveva raggiungere il cuore della base. Trovare Markos. Ucciderlo.
Distruggere tutto quello che c'era da distruggere.


HYDRA CRISIS:
LO SPETTRO CORRE NELL'ACQUA
Gianfranco Nerozzi, con lo pseudonimo di 
Jo Lancaster Reno
Anno: 2007
255 pagine
3,60
Segretissimo Mondadori










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